Vincere l’indifferenza per conquistare la pace

Vincere, conquistare… sembrano termini di guerra ma, alla luce del Vangelo e delle parole del Papa, sono verbi che sollecitano, riprendendo San Paolo, a combattere la buona battaglia e a conservare la fede. Già, perché di fede e opere di fede si tratta. È in nome e in forza della fede che ci impegniamo ogni giorno a perseverare nell’incontro con il Signore e a testimoniare questo incontro nel prendersi cura dei fratelli. Purtroppo però molto spesso anche tra chi si professa cristiano prevale un atteggiamento non proprio conforme all’essere cristiani, ovvero seguaci del Maestro. Finiamo per tollerare quella globalizzazione dell’indifferenza di cui parla spesso Papa Francesco e ne scrive sia in Evangelii gaudium (54) che in Laudato si’ (52).
Nel messaggio per la 49ma Giornata mondiale della pace, appena vissuta, ritorna il motivo della relazione globale che coinvolge nella loro interezza l’uomo e le cose, l’uomo e il creato. Relazione ostacolata da una crescente indifferenza che, a dire del Papa, ha radice nella “indifferenza verso Dio” che “supera la sfera intima e spirituale della singola persona e investe la sfera pubblica e sociale”. Si arriva così alla globalizzazione dell’indifferenza che sembra aver invaso il mondo nonostante l’infinito moltiplicarsi delle informazioni, delle notizie; si è sempre più informati ma forse anche assuefatti, annoiati. C’è poi l’invasione del consumismo che rende meno attenti agli altri e sempre più concentrati sull’individuo.
C’è bisogno di cambiamento, di conversione, di quella conversione ecologica “che comporta lasciar emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo che ci circonda” (Ls 217).
Piccoli ma forti nell’amore di Dio, come san Francesco d’Assisi, tutti i cristiani sono chiamati a prendersi cura della fragilità del popolo e del mondo in cui viviamo.
Nella Eg Papa Francesco riprende la nota affermazione di Paolo VI in Populorum progressio: “La pace non si riduce a un’assenza di guerra, frutto dell’equilibrio sempre precario delle forze. Essa si costruisce giorno per giorno, nel perseguimento di un ordine voluto da Dio, che comporta una giustizia più perfetta tra gli uomini”.
Ma, scrive Francesco, “diventare un popolo è qualcosa di più, e richiede un costante processo nel quale ogni nuova generazione si vede coinvolta. È un lavoro lento e arduo che esige di volersi integrare e di imparare a farlo fino a sviluppare una cultura dell’incontro in una pluriforme armonia”. Per avanzare in questa costruzione di un popolo in pace, giustizia e fraternità, il Papa indica quattro vie, quattro principi che riprendono concetti della Dottrina sociale: “Il tempo è superiore allo spazio”; “Il tutto è superiore alla parte”; “L’unità prevale sul conflitto”; “La realtà è più importante dell’idea” (cfr. Evangelii gaudium 217-237).
In Laudato si’ il tema della pace è affrontato nel VI capitolo (nn. 222-232). La Pace è frutto di un profondo e personale cambiamento di atteggiamenti. “La spiritualità cristiana propone un modo alternativo di intendere la qualità della vita, e incoraggia uno stile di vita profetico e contemplativo, capace di gioire profondamente senza essere ossessionati dal consumo… D’altra parte, nessuna persona può maturare in una felice sobrietà se non è in pace con se stessa. E parte di un’adeguata comprensione della spiritualità consiste nell’allargare la nostra comprensione della pace, che è molto più dell’assenza di guerra. La pace interiore delle persone è molto legata alla cura dell’ecologia e al bene comune, perché, autenticamente vissuta, si riflette in uno stile di vita equilibrato unito a una capacità di stupore che conduce alla profondità della vita”.
Carlo Carretto in Al di là delle cose scrive: “La Pace di Dio è una luce che irradia il volto di coloro che il Vangelo chiama figli di Dio”. E ancora: “Ecco il dono della pace: la figliolanza di Dio, la consapevolezza autentica e profonda di essere entrati a far parte di una famiglia che ha Dio come padre e che vive già nei cieli”. Per riscoprire questa figliolanza, per riscoprire i doni di Dio, il dono della pace, non c’è bisogno di andare nel deserto ma, come suggerisce fratel Carlo, dobbiamo imparare a fare deserto nella città. “Non staccare il concetto di deserto dai luoghi frequentati dagli uomini, prova a pensare, e soprattutto a vivere, questa espressione veramente esaltante: ‘il deserto nel cuore della città’… sì dobbiamo fare il deserto nel cuore dei luoghi abitati”.

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