IDEE SPARSE PER UNA SPIRITUALITA’ LAICALE

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Nella spiritualità laicale la vita ha il primato. È il dono che ci è stato fatto e siamo chiamati a viverla con responsabilità. E farne a nostra volta dono agli altri. Gli adulti hanno bisogno di ricordare e poi raccontare la vita. Perché hanno vissuto. Per mettere in ordine i ricordi, i fatti, i sentimenti. Per scoprirne continuamente i senso. Il senso è che la vita è “luogo teologico”: in essa Dio è già al lavoro. La vita di ogni uomo e donna sulla terra è storia sacra. Nella vita di tutti, dal Papa al barbone, possiamo scorgere i segni della presenza di Dio. Anche la situazione più drammatica può essere letta così. Come  ci insegna il famoso epigramma di E. Wiesel: Alcuni detenuti di un campo nazista assistono all’impiccagione pubblica di un ragazzo, chiedendosi vicendevolmente: “Dov’è il buon Dio? dov’è?”. Una voce da dietro risponde: “Dio è lì, appeso a quella forca” (E. Wiesel, La notte, La Giuntina).

La fede viene dall’ascolto, si dice. Meglio, la fede viene dal racconto. La fede viene da qualcuno che racconta come e quando Dio per lui è stato importante. E racconta con le parole della vita e con le parole della Scrittura. Solo dopo aver preso la parola ed essere stato ascoltato, allora l’adulto è disposto ad accogliere i racconti biblici come “alfabeto” per leggere in profondità i suoi vissuti. “Le Scritture si rivelano a noi più chiaramente ci aprono il loro cuore e quasi il loro midollo, quando la nostra esperienza non solo ci permette di conoscerle, ma fa si che ne preveniamo la stessa conoscenza, e il senso delle parole non ci è rivelato da qualche spiegazione, ma dall’esperienza viva che ne abbiamo fatto” (Cassiano, Conferenze, X,11).

Nella spiritualità laicale la Parola della Scrittura è al centro. L’annuncio del Vangelo diventa allora non solo una parola che mi parla di Dio, un suo messaggio per me, una sua lettera. È innanzitutto una parola che parla di me e mi aiuta a interpretare la mia esistenza; come una luce per riconoscere la presenza del Risorto nelle pieghe della vita. Non sono io innanzitutto che interpreto la Bibbia. È la parola che mi interpreta. “La sacra scrittura si presenta agli occhi della nostra anima come uno specchio, in cui possiamo conoscere ciò che in noi c’è di bello e di brutto” (Gregorio Magno).

Dopo aver raccontato della mia vita, scopro che è proprio di questa mia vita che mi parla la Parola che mi è stata annunciata. Cosa vedo, quando succede questo intreccio? “Vedo la luce dell’uomo interiore che splende nella mia anima” (Sant’Agostino). È quello che sentono i discepoli di Emmaus: “Non ci ardeva forse il cuore in petto quando ci spiegava le Scritture lungo la via?” (Lc 24,32).

La Chiesa Comunione che ci ha insegnato il Concilio, nella nostra mente, è immaginata come un cerchio che ha Dio al centro. Questa è l’immagine più immediata. Ma la chiesa è espressa meglio dalla figura dell’ellisse. Essa ha due centri: la Parola e la Vita.

Qual’è il principio formativo dell’AC? Il “principio” si distingue dall’”inizio” perché non è solo ciò da cui si origina una cosa, ma è anche la meta ideale verso cui tende questa cosa nella sua crescita e nel suo sviluppo. È ciò che dà forma, che fa convergere e indirizza. Ne è l’anima. Il principio formativo del’AC è l’intreccio di Parola e Vita.

È il DNA della formazione in Azione Cattolica. Il DNA è un ristretto nucleo di informazioni genetiche essenziali, dalle quali si sviluppa un intero organismo. Nel film “Jurassik park”, uno scienziato riesce a ricavare il DNA dei dinosauri da un fossile contenuto in un’ambra. Da lì ricomincia la vita dei dinosauri sulla terra. Così la VITA, riletta e interpretata con l’alfabeto della PAROLA, è l’idea generativa della spiritualità laicale. È il mistero dell’incarnazione: Dio si fa carne, il cielo tocca la terra. Dio scende, si rivela all’uomo che lo cerca.

Come un tessuto. Quando la trama della Vita si incrocia con l’ordito della Scrittura, quando si verifica questo “innesto”, avviene come una nuova creazione. Come un prezioso tessuto con un disegno e dei colori sorprendenti. Allora il fuoco dello Spirito (“Non ci ardeva forse il cuore in petto”?) diventa luce per la mente, emozione per il cuore, energia nuova per la volontà.

Un adulto credente che abbia raggiunto o superato la metà della sua vita, guarda alle sue spalle, ai fatti, agli incontri, alle gioie e ai dolori. Nel RICORDARE e nel RACCONTARE (Deut 4-8) comincia ad intuire un filo rosso che dà senso ai suoi anni. La luce della Parola, come fuoco che arde, lo induce a RICONOSCERE (1 Re 19,12) nei fatti della sua esistenza la presenza amorevole e misericordiosa del Signore Gesù. Solo così potrà ACCOMPAGNARE altri (At 8,29), come dei figli, nel loro cammino a tutte le soglie dell’incontro con Dio.

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