A partire dal Concilio di Nicea (325 d.C.) la Pasqua viene celebrata nella domenica seguente al primo plenilunio di primavera. La Pasqua ha radici antiche che troviamo nel Vecchio testamento: dall’offerta di primizie che i pastori nomadi facevano in primavera per propiziarsi le divinità della natura si è passati alle festa per l’uscita dall’Egitto: è questo l’evento fondante del popolo di Dio.
Pasqua è diventato termine che indica passaggio. È il passaggio di Dio nella storia; passaggio che trova la sua forza nella morte e risurrezione di Gesù e noi ci diciamo cristiani perché crediamo in questo.
Pasqua quindi è occasione di riconoscimento della nostra identità. Plenilunio, primavera sono gli elementi della natura che ci aiutano nel rientrare in noi stessi, nel mettere a fuoco il nostro essere, nel celebrare anche noi un passaggio. Passaggio a vita nuova. Come la terra riproduce e rinnova i suoi fiori e i suoi frutti anche noi dopo il tempo della conversione ci apprestiamo ad essere rigenerati e a rigenerare.
La Pasqua “buona” che auguriamo ha motivo solo nell’evento salvifico di Cristo. E il buono della Pasqua è sincero se davvero partecipiamo alle celebrazioni caratteristiche di questi giorni non come spettatori commemorativi ma come discepoli che si incarnano nella passione e missione di Gesù.
Assume così particolare importanza anche l’aspetto universale della Pasqua. Non qualcosa che ci riguarda solo personalmente ma che dobbiamo vivere nell’orizzonte del mondo e della storia.