
La sera di sabato 21 ottobre, Casa San Girolamo s’è aperta per accogliere una bimba libanese gravemente malata. Con lei i suoi genitori, e la piccola truppa che l’accompagna nel suo viaggio verso casa. Il vecchio Ducato grigio sembra stremato dopo la sua volata da Genova. È stracolmo di persone e di bagagli pesantissimi, quelli che servono ad una piccola famiglia per vivere sei mesi fuori casa. Però l’atmosfera è animata e allegra, anche se la “missione” è tristissima. A guidarci è padre Francesco Cavallini, gesuita bergamasco, esplosivo, sorridente e profondo, genovese da molti anni per il suo apostolato. Christa è una bimba di tre anni, bella, simpatica, furba, acuta e vivacissima. Quando ha dolore, piange, come tutti i bambini. E allora prende la medicina, ed è subito meravigliosa, sgambetta, ascolta, scherza, come tutti alla sua età. Di più non sa, non può sapere, è piccola.
In primavera è arrivata a Genova da Beirut con papà e mamma per tentare una cura sperimentale al Gaslini, dopo l’intervento all’addome in Libano quando era più piccina, insieme con chemio e radioterapia. Arriva sostenuta da un piccolo ponte umanitario tra gesuiti libanesi e genovesi. Padre Cavallini adotta questa piccola famiglia, e mette insieme un gruppo di volontari che con lui si prende cura di loro ogni giorno e ogni notte, in tutti i loro bisogni. Tre di loro sono con noi in questo viaggio della speranza, Paola, Valeria e Maria, tre persone specialissime, piene di allegria e di efficienza discreta, di costanza, di fede vera, quella che entra nella quotidianità, e non se ne sta ai margini. Però, dopo sei mesi al Gaslini, purtroppo le cose non vanno bene, la recidiva è gravissima, viene dimessa, e occorre tornare a casa in fretta. Per affrontare gli ultimi passi della sua vita, è meglio che la piccola torni in patria, tra gli affetti della sua grande famiglia.
Il papà e la mamma di Christa sono persone molto semplici. Anche la loro fede lo è. Ma è davvero grande. Chiedono al padre Cavallini un piccolo pellegrinaggio a Cascia prima del volo da Roma, desiderano pregare e implorare santa Rita, la santa delle cause impossibili. La loro parrocchia è dedicata a santa Rita, per la loro bimba hanno scelto il nome che abbrevia Cristo e Rita, questa loro devozione è davvero l’ultima speranza che resta. Ecco perché siamo a Spello: Cascia è tra Spello e Fiumicino, e occorre programmare una sosta, una tirata unica da Genova sarebbe troppo faticosa per la piccola.
Sbarchiamo dal Ducato che è ormai buio, ma Casa San Girolamo si accende di luci e accoglienza, come un abbraccio. Smistiamo bagagli e persone nelle camere, e improvvisiamo una cena squisita con quello che c’è in cucina. La serata prosegue e si moltiplica, sembra non voler diventare notte, e si trova il tempo per visitare fratel Carlo Carretto, per una pausa sul terrazzo, per una capatina in una Spello già addormentata, e per pregare. Anche se nella preghiera pare proprio di viverci dentro!
La mattina d
opo, la nostra colazione si incrocia con l’arrivo di Lorenzo Spinosi, che accompagna un grande gruppo di Ascoli. E sono belli gli allestimenti e le musiche che preparano, col chiostro che si riempie di vita in un silenzio animato e rispettoso, in sintonia con la regola della Casa. Lasciamo per loro un thermos di caffè, bello pieno, due parole con qualcuno, ma c’è fretta di raggiungere santa Rita, e poi Fiumicino.
Arriviamo a Cascia sotto una pioggia battente, ma la mamma di Christa vuole comunque raggiungere il santuario come sa che è meglio fare, anche se la salita è lunga: a piedi nudi, e con la bimba in braccio. La messa di mezzogiorno è stracolma di fedeli, padre Cavallini ci sistema in prima fila, vola in sacrestia, smanetta, fa e brega con chi organizza le funzioni, e ne esce che concelebra. Al momento della preghiera dei fedeli, implora sollievo per tutti, spiega brevemente le ansie della nostra partecipazione, parla a tutti di Christa e dei suoi genitori e, dopo la benedizione finale, chiama all’altare la bimba con la mamma, che è sempre scalza. Ed è stato commovente vedere i fedeli che, anziché uscire a fine messa, si sono tutti accostati a Christa, che li guardava sorridente, ciascuno con una carezza o con la promessa di una preghiera per lei, oltre che per i propri mali, talvolta molto gravi.
Riprendiamo la nostra marcia verso Roma fra tornanti, salite e discese, e arriviamo col buio, per poi ripartire per Genova. Ci fermiamo a Fiumicino stremati ma sorridenti, noi e il vecchio Ducato: padre Cavallini ha una guida impossibile, ma sicura e serena. Grazie a lui e alle sue instancabili esplosioni di profondità e allegria, la tristezza trova modo di trasformarsi, sempre e subito. Gli ultimi momenti con la nostra piccola famiglia sono qualcosa di impossibile da raccontare per me…
Dico solo che Paola, Valeria e Maria mi hanno davvero insegnato che cosa siano la serenità, l’appoggio e il coraggio, pur provando un profondo dolore nel distacco. Per l’ultimo saluto, quello del commiato, pa
dre Cavallini inventa un gesto semplice, ma pieno d’amore: ci stringe tutti intorno a Christa, che è in braccio a papà e mamma, e ci chiede di abbracciarli con lui. E poi la sua benedizione, e il Padre Nostro tutti insieme, in mezzo a tanta gente estranea, che nulla sa della situazione. E come era successo al santuario di Cascia, anche lì le persone si fermano, si avvicinano, e partecipano di cuore. La fede è questa “magia”, ma lo è solo se è semplice, sentita, vicina alla nostra umanità più profonda. E allora non è né melensa né costruita, non è recita, è solo e proprio vera.
Questa è la piccola storia di Christa. Preghiamo tutti perché i suoi giorni a Casa San Girolamo e a Cascia non siano gli ultimi. Preghiamo così come ci hanno insegnato i suoi genitori.
Sofia Canepa Bava

