E anche quest’anno arriva il Natale. Non è facile immaginarlo al di fuori della realtà e non fare i conti con ciò che non brilla, preoccupa, intristisce.
Non possiamo certo illuderci di risolvere qualcosa e seminare un po’ di serenità con un po’ di luminarie, alberi di natale, regali e panettoni. Le luminarie e altro non fanno la serenità anche se possono contribuire ad accendere qualche sorriso.
Occorre diffidare della apparenze in una società sempre più incline alla apparenze, al vuoto di senso e di valori. Una società soggetta al desiderio, alla creazione di bisogni, alla ricerca del sempre meglio, del di più, di ciò che distingue, e separa, dagli altri. Una società che consuma illudendosi per quello che il tempo consuma e alla quale i credenti dovrebbero contrapporre stili di vita alternativi basati sulla convinzione che, come scrive Papa Francesco nella Laudato si’: «“meno è di più”. Infatti il costante cumulo di possibilità di consumare distrae il cuore e impedisce di apprezzare ogni cosa e ogni momento. Al contrario, rendersi presenti serenamente davanti ad ogni realtà, per quanto piccola possa essere, ci apre molte più possibilità di comprensione e di realizzazione personale. La spiritualità cristiana propone una crescita nella sobrietà. È un ritorno alla semplicità che ci permette di fermarci a gustare le piccole cose, di ringraziare delle possibilità che offre la vita senza attaccarci a ciò che abbiamo né rattristarci per ciò che non possediamo. Questo richiede di evitare la dinamica del dominio e della mera accumulazione di piaceri».
Non dobbiamo lasciarci trascinare dalla corrente.
Scriveva Carlo Carretto: «Una cosa è essere trascinati dalla corrente, altra cosa è nuotare, meglio navigare sul fiume, il prendere coscienza di essere sul fiume, lo scoprire il perché del nostro viaggio; ciò che fa passare dall’una all’altra visione è la vocazione, è la chiamata».
Ecco, il Natale ci chiama, ci invita a liberare mente e cuore dalla “corrente”, dalla tante parole che invadono e distorcono la realtà; siamo succubi di parole “passive” che respiriamo senza accorgercene ma che rischiano di diventare la nostra guida invece di lasciarci guidare dalla luce in cui diciamo di credere, per fare luce sulle cose che contano. Il Natale ci può aiutare, a patto che non lo destiniamo ad essere soffocato dalle cose che non contano.
Il Natale è accoglienza: accoglienza del Verbo che si fa carne, della Parola che conta.
Il tempo di avvento non è quello della frenesia del superfluo, il tempo che prepara la festa a tutti i costi e che ci fa sentire più buoni, ma è il tempo in cui si fa spazio a chi viene non certo per un rito ma per cambiare la nostra vita.
Certo il Verbo che viene è difficile da coniugare ma apre le porte alla buona volontà e alla speranza, a guardare in una luce nuova il mondo avvolto dalle tenebre e trasformarlo con la forza della fede.
la ruota del carretto
P.s. – compito a casa (quando facciamo un po’ di deserto nella città): cosa posso fare per me, per gli altri perché il Natale sia davvero un Buon Natale?