Dio non ha fretta nel fare le cose; e il tempo è suo e non mio. Ed io, piccola creatura, uomo, sono stato chiamato ad esser trasformato in Dio per partecipazione. E ciò che mi trasforma è la carità, che Dio ha infuso nel mio essere. L’amore mi trasforma lentamente in Dio. E il peccato, è proprio qui: resistere a questa trasformazione, saper e poter dire di no all’amore. Vivere nel nostro egoismo significa fermarsi allo stato di uomo e impedirne la trasformazione nella carità divina. E fin tanto che non sarò trasformato per partecipazione in Dio, attraverso la carità, sarò di questa terra e non di quel cielo. Il battesimo mi ha elevato allo stato soprannaturale; ma tale stato deve essere maturato, e tutta la vita ci è data per tale maturazione; ed è la carità, cioè l’amore di Dio, che ci trasforma. L’aver resistito all’amore, il non esser stato capace di accettare la sollecitazione di tale amore che mi aveva detto: «Da’ la coperta al tuo fratello», è talmente grave, che crea, tra me e Dio, la porta del mio purgatorio. Che vale dire bene l’Ufficio divino, ascoltare la santa Messa e non accettare l’amore? Che vale difendere la verità, battersi per i dogmi coi teologi, scandalizzarsi di coloro che non hanno la stessa fede e poi restare per epoche geologiche sulla porta del purgatorio? «Sarete giudicati sull’amore» mi dice la grande pietra sotto la quale trascorrerò il mio purgatorio in attesa di maturare in me la carità perfetta, quella che Gesù mi ha recato sulla terra e mi ha donato col prezzo del suo sangue, accompagnandolo col grido della grande speranza: «Io vi risusciterò nell’ultimo giorno!» Che quel giorno non sia troppo lontano!
Carlo Carretto