È difficile che esista cristiano cattolico, protestante, ortodosso che sia, che non abbia identificato il concetto di santità nell’uomo con la figura di Francesco d’Assisi e non abbia in qualche modo desiderato imitarlo. Francesco è il tipo che incarna in tutte le Chiese la figura ideale dell’uomo che tenta l’avventura della santità e che la esprime in un modo veramente universale. Chi ha pensato possibile la santità nell’uomo l’ha vista nella povertà e nella dolcezza di Francesco, s’è unito alla sua preghiera nel Cantico delle Creature, ha sognato il superamento del limite dovuto all’incredulità e alla paura, al di là del quale si possono ammansire i lupi e parlare ai pesci e alle rondini.
Direi che Francesco d’Assisi è nel fondo di ogni uomo, toccato dalla grazia, come è nel fondo di ogni uomo il richiamo alla santità.
E in tutti i tempi Francesco, pur essendo ben incarnato nella storia, lo puoi mettere fuori della storia.
Lo puoi mettere coi primi cristiani, itineranti per le strade dell’Impero romano, che recano con sé la gioia di un messaggio veramente nuovo, lo puoi mettere nel medioevo come riformatore e restauratore di una Chiesa indebolita dalle lotte politiche e minata dal compromesso, lo puoi mettere al tempo del barocco a richiamare con la sua inusitata povertà e umiltà l’orgoglio dei chierici per il loro sacerdozio dominatore, più che servo, del popolo. Lo puoi mettere oggi come tipo dell’uomo moderno che esce dalla sua angoscia e dal suo isolamento per riannodare il discorso con la propria natura, con l’uomo e con Dio. Soprattutto con Dio.
Carlo Carretto