Archivi categoria: Il deserto nella città

Raggiungi Dio nell’amore

Ed è qui il primo aspetto dello spogliamento. Fin tanto che la mia preghiera resta ancorata al gusto, saranno facili gli alti e i bassi; le depressioni seguiranno gli entusiasmi effimeri. Sarà sufficiente un mal di denti per liquidare tutto il fervore religioso dovuto ad un po’ di estetismo o a un moto di sentimento. «Occorre spogliare la tua preghiera» mi dice il maestro dei novizi. «Occorre semplificare, disintellettualizzare. Mettiti dinanzi a Gesù come un povero: senza idee, ma con fede viva. Rimani immobile in un atto di amore dinanzi al Padre. Non cercare di raggiungere Dio con l’intelligenza: non ci riuscirai mai; raggiungilo nell’amore: ciò è possibile». La battaglia non è facile; perché la natura vuole la sua rivalsa, vuole la sua razione di godimento, e l’unione con Gesù crocifisso è tutt’altra cosa. Dopo qualche ora, o qualche giorno, di questa ginnastica, il corpo si placa. Visto che la volontà gli rifiuta il piacere sensibile, non lo cerca più; diventa passivo. Si addormentano i sensi. Il poco mangiare, il molto vegliare e il pregare con umile insistenza rendono la casa dell’anima una dimora silenziosa pacificata. I sensi dormono. Meglio, come dice san Giovanni della Croce, è «la notte dei sensi» che comincia. Allora la preghiera diventa una cosa seria, anche se dolorosa e arida. Così seria che non se ne può più fare a meno. L’anima entra nel lavoro redentivo di Gesù. Inginocchiato sulla sabbia, dinanzi al rudimentale ostensorio che conteneva Gesù, pensavo al male del mondo: odi, violenze, turpitudini, impurità, menzogne, egoismi, tradimenti, idolatrie, adulteri.

Carlo Carretto

Il silenzio, quel Pane e l’incontro con Dio

La grande ricchezza del noviziato sahariano è senza dubbio la solitudine e la gioia della solitudine, il silenzio. Un silenzio, il vero, che penetra per ogni dove, che invade tutto l’essere, che parla all’anima con una forza meravigliosa e nuova, non certo conosciuta dall’uomo distratto. Quaggiù si vive sempre in silenzio e si impara a distinguerne le sfumature: silenzio della chiesa, silenzio della cella, silenzio del lavoro, silenzio interiore, silenzio dell’anima, silenzio di Dio.
Per imparare a vivere questi silenzi, il maestro dei novizi ci lascia partire per qualche giorno di deserto. Una sporta di pane, qualche dattero, dell’acqua, la Bibbia. Una giornata di marcia: una grotta. Un sacerdote celebra la santa Messa; e poi parte lasciando nella grotta, su un altare di sassi, l’eucaristia. Così, per una settimana, si resterà soli con l’eucaristia esposta giorno e notte.
Silenzio nel deserto, silenzio nella grotta, silenzio nell’eucaristia. Nessuna preghiera è così difficile come l’adorazione dell’eucaristia. La natura vi si ribella con tutte le forze. Si preferirebbe trasportare sassi sotto il sole. La sensibilità, la memoria, la fantasia, tutto è mortificato. Solo la fede trionfa; e la fede è dura, è buia, è nuda. Mettersi dinanzi a ciò che ha l’aspetto di pane e dire: «Lì c’è Cristo vivo e vero», è pura fede.
Nulla nutre di più della pura fede; e la preghiera nella fede è vera preghiera. «Adorare l’eucaristia non c’è gusto», mi diceva un novizio. Ma è proprio questa mortificazione del gusto che rende salda e vera la preghiera. È l’incontro con Dio al di là della sensibilità, al di là della fantasia, al di là della natura.

Carlo Carretto

Noi siamo il filo, Dio è la corrente

Perché non mi è mai saltato in testa che una pur piccola colonna che regge il cosmo non gravi sulle mie spalle? Ed è forse il cosmo diverso dagli uomini? Ed io l’avevo pensato. È vero che Gesù aveva detto: «Andate e istruite tutte le genti». Ma aveva aggiunto «Senza di me non potete far nulla».
È vero che sant’Ignazio aveva detto: «Fate come se tutto dipenda da voi». Ma aveva aggiunto: «Però aspettate come se tutto dipenda da Dio». Dio è il creatore del cosmo fisico, come è il creatore del cosmo umano. Dio è il reggitore delle stelle come è il reggitore della Chiesa. E se ha voluto, per amore, rendere gli uomini collaboratori suoi nella salvezza, il limite del loro potere è ben piccolo e determinato: è il limite del filo rispetto alla corrente elettrica. Noi siamo il filo, Dio è la corrente. Tutto il nostro potere sta nel lasciar passare la corrente.
E certo: abbiamo il potere d’interromperla, abbiamo il potere di dir di no; ma nulla di più. Non l’immagine, quindi, di colonna che sostiene, ma di filo che trasmette un potere. Ma altro è il filo, altro è la corrente; son di natura ben diversa; e il filo non può certo insuperbire, anche se è un filo che trasmette corrente ad alta tensione. Dovrebbe essere fonte di fede serena, di speranza gioiosa e soprattutto di pace profonda. Che cosa posso temere, se il tutto è guidato e sorretto da Dio? Eppure è cosi difficile credere radicalmente all’azione di Dio nelle cose del mondo! Ed è, penso, la tentazione più frequente e prolungata, a cui siamo sottoposti su questa povera terra. La storia del popolo eletto non è altro che la storia d’un pugno d’uomini a cui Dio chiede continuamente e in ogni occasione: «Credi in me?»

Carlo Carretto

La storia è in mano a Dio

«Giuseppe destatosi prese con sé il bambino e sua madre, nella notte fuggì in Egitto» (Matteo 2,13).
Si appena nati e già incominciano le grane. Pare impossibile come sia difficile vivere su questa povera terra! Ed ora Gesù è solo sulla pista amara e stanotte forse non troverà nemmeno una grotta per ripararsi dal freddo. E Matteo continua: «Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi». Sembra impossibile che si possa giungere a simili efferatezze. Questo è il potere e non c’è limite alla sua prepotenza.
M’immagino che notte! L’urlo nella notte delle povere madri! L’orrore del sangue innocente! Perché? Maria dimmi tu qualcosa. Tu sei nella sofferenza ed Erode è là sul trono. Il potere, e non te, domina la storia. Com’è possibile cantare il tuo Magnificat? Eppure, eppure non è così! Perché proprio lui il potere, è stato beffato. È forse riuscito nel suo intento di uccidere Gesù? Ma gli altri? Il sacrificio di tanti innocenti? Intanto possiamo dire che hanno combattuto la loro battaglia, assolto la loro missione. Questo è ciò che conta. L’ora della morte non ha importanza. Ciò che ha importanza è compiere la nostra missione.
I potenti non hanno fatto deviare la storia della salvezza, hanno solo tentato di farlo e i loro «pensieri sono stati dispersi». Sì Maria anche stasera canta il tuo Magnificat, sulla pista amara dillo in pienezza, dillo perché anche stasera sei coinvolta nel grandioso disegno di Dio e nessuno può toccarti se Dio non vuole. Dillo, perché nessuno può toccare il tuo Gesù anche se così piccolo e così debole. Dillo, dillo perché la storia è in mano a Dio e non agli uomini.

Carlo Carretto

Dio si fa uomo. Non è facile credere!

Credere che Dio si è fatto uomo è il più grande sogno per l’uomo. Si direbbe che tale fu il desiderio di unire la terra al cielo che il natale diventò la realizzazione di quel desiderio. Insomma il natale, la venuta di Dio sulla terra, l’ho desiderata io e l’ho sognata o è un fatto straordinario come un sogno che si è avverato? Penso l’uno e l’altro, tanto è cosa straordinaria; certamente la venuta ha anticipato il sogno perché nessuno di noi sarebbe stato capace di fare un sogno così unico e bello. Che ne dici tu, Maria, tu che sei la più interessata? Non ti pareva un sogno l’avere un figlio di quel genere? Ti pareva cosa reale? L’averlo generato nella carne era niente in confronto alla fatica di generarlo nella fede. Vedere un bimbo, il tuo bimbo era facile, ma credere, credere mentre gli facevi fare la pipì in un angolo che proprio lui, il tuo bimbo era il Figlio di Dio non era cosa facile. La fede era certamente oscura, dolorosa anche per te, non solo per noi tuoi fratelli su questa terra di viventi.  Non è facile credere! Non è così, Maria? Non è così anche per te? Non c’è fatica più grande sulla terra della fatica di credere, sperare, amare: tu lo sai. Aveva ragione la tua cugina Elisabetta a dirti: «Beata te che hai creduto!». Sì, Maria, beata te che hai creduto. Beata te che mi aiuti a credere, beata te che hai avuto la forza di accettare tutto il mistero della natività e di avere avuto il coraggio di prestare il tuo corpo ad un simile avvenimento che non ha limiti nella sua grandiosità e nella sua inverosimile piccolezza. Nella incarnazione gli estremi si sono toccati e l’infinitamente lontano si è fatto l’infinitamente vicino, e l’infinitamente potente si è fatto l’infinitamente povero.

Carlo Carretto