Archivio mensile:Aprile 2020

Chiedetevi se amate…

Come faccio a vivere come Gesù? Come faccio ad avere il coraggio di soffrire e di morire d’amore come Cristo stesso? Io così falso, così ingiusto, così avaro, così pauroso, così egoista, così orgoglioso?
Ora capisco perché Paolo ebbe tanta forza di espressione quando giunse al punto esatto del problema spiegandosi con i Corinzi. «Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, sono un nulla» (1Cor 13,1-2).
Ecco dove sta il vero problema: io corro il pericolo di essere un nulla perché non so amare.
Non chiedetevi più se credete o non credete in Dio, chiedetevi se amate o non amate.
E se amate, non pensate ad altro, amate. E amate sempre di più fino alla follia, quella vera e che porta alla beatitudine: la follia della Croce, che è cosciente dono di sé e che possiede la più esplosiva forza di liberazione dell’uomo.
Che questa follia d’amore passi attraverso la scoperta della propria povertà, quella vera, quella di non saper amare, è un fatto. Ma è anche un fatto che quando giungiamo a questo limite invalicabile dell’uomo, interviene tutta la potenza creativa di Dio che non solo ci dice: «Io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5), ma aggiunge: «Toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne» (Ez 36,26).
Ed è per questo che quando amiamo sperimentiamo Dio, conosciamo Dio e il dubbio sparisce come nebbia al sole.

Carlo Carretto

Settimana Santa e Pasqua al tempo del coronavirus. Torna l’invito di Carretto: “il deserto nella città”

Strana questa quaresima, avvolta dalle tenebre di una realtà imprevedibile, ha assunto più i connotati della quarantena che quelli di una “normalità” tra tradizione e buoni propositi.
Sono saltati tutti i programmi: personali, di comunità, associativi.
Pensiamo al nostro “polmone spirituale”. Anche Casa San Girolamo è stata messa in quarantena. Chiusa per virus. Quanto volte abbiamo condiviso una delle parole più incisive di fratel Carlo Carretto: “deserto”, “fare deserto nella città”! Siamo stati messi alla prova. Abbiamo avuto l’opportunità di sperimentare un modo nuovo per recuperare il tempo favorevole della quaresima. Tempo per lasciarci riconciliare con Dio e ora quanto mai tempo per riconciliarci con il limite, con la sofferenza, con la reciprocità che oggi più che mai ci segnala che non siamo soli, non camminiamo da soli. Un tempo propizio per recuperare quelle relazioni delle quali tanto parliamo e che spesso non facilitiamo per pigrizia, perché non è mai il momento, perché ci sono sempre mille cosa da fare, perché non riusciamo a trovare lo spazio per aiutarci a fare delle scelte che ci aiutino a crescere, che aiutino a fare della nostra vita un segno di testimonianza.
C’è un po’ di malinconia, di tristezza nel non potere accogliere, incontrare, accompagnare, pregare, crescere insieme, condividere nel luogo ormai diventato caro per molta parte dell’associazione.
Ma è Pasqua! Non c’è tempo per recriminare. Forse il clima della pandemia ha rallentato o ha influenzato negativamente il nostro cammino verso Gerusalemme. Ma se abbiamo valorizzato questo tempo di quarantena forzata troveremo ancora più gioia nel Risorto; si apriranno nuove strade di fraternità, di incontro.
Torneremo a Casa San Girolamo guidati da una storia decennale, rinforzati dai tanti volti che si sono incontrati, incoraggiati.
“È l’amore di Cristo che ci ha portato in questa casa. La santità di ciascuno è legata alla santità degli altri. Non siamo venuti qui per lo scenario, l’architettura, l’aria fresca, la vita in campagna e l’amicizia umana. Siamo venuto qui per essere santificati dallo Spirito: anzitutto come individui ma anche come comunità. Siamo venuti qui perché Dio possa vivere in noi, perché la grazia di Dio e il costante contatto giornaliero reciproco ci dia le basi per sapere ciò che siamo, ciò che sono tutti gli uomini, perché possiamo apprendere la pazienza e l’altruismo, perché possiamo essere pervasi da quella umiltà e da quella mutua sopportazione senza le quali è impossibile ascendere alle vette della contemplazione” (Thomas Merton).
Guardando con fiducia al futuro, ecco anche queste poche righe di fratel Carlo:
“Se l’uomo non può raggiungere il deserto, il deserto può raggiungere l’uomo. Ecco perché si dice ‘fare il deserto nella città’. Non staccare il concetto di deserto dai luoghi frequentati dagli uomini, prova a pensare e soprattutto a vivere questa espressione veramente esaltante ‘il deserto nel cuore della città’. Sì, dobbiamo fare il deserto nel cuore dei luoghi abitati” (C. Carretto, Il deserto nella città).
Santa Pasqua.

Gigi Borgiani