Gesù entra a Gerusalemme; lo accompagnano i discepoli; la gente è in festa. Arriva il Re! È giorno di festa!
Noi oggi sappiamo bene come è andata a finire. Le speranze del momento festoso si sono infrante, nel giro di pochi giorni, sul muro dell’incomprensione, della bugia, dell’invidia.
Ma chi sei? Chi ti credi di essere? Cosa sei venuto a fare? È il percorso terreno della luce nelle tenebre ma non è stata riconosciuta, accolta.
È una storia di Amore che non riconosce amore, del bene che pur essendo vincitore del male sembra che abbia sempre meno spazio.
Noi oggi possiamo guardare a Gesù che entra e osserva i nostri cuori e riempie le nostre vite con la luce della resurrezione.
Certo, si passa attraverso la croce e la morte. E ancora oggi, proprio oggi, siamo rattristati dalle tante croci e dalle tante morti che rischiano solo di essere notizia. Ma noi conosciamo un Re che ci insegna ad abbracciare la croce non come segno di sconfitta o di sofferenza ma come segno di servizio, di gratuità, di amore. La croce come dono di sé, come uscita da se stessi, come prendere su di sé, su ciascuno di noi i pesi dell’umanità ferita (lontana o vicina che sia); prendersi cura dell’altro, degli altri. Per questo non dobbiamo lasciarci rubare la speranza. Accompagnati dalla luce della resurrezione possiamo scegliere di entrare liberamente come protagonisti nella storia della salvezza.