Spello: a S. Girolamo la storia continua

Pubblichiamo le esperienze di tre amici che sono stati con noi a Casa San Girolamo. Fratel Oswaldo, Emanuela e Milo ci raccontano come è stato incontrarsi a San Girolamo.

Accogliendo volentieri l’invito del nostro caro amico Gigi Borgiani, sabato scorso abbiamo incontrato un bel gruppo di dodici giovani dell’Azione Cattolica a San Girolamo. Il tema generale «Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli» doveva essere considerato seguendo le tracce di san Francesco e di fratel Carlo Carretto…

Quale grande vantaggio poter attingere direttamente al libro di fratel Carlo, Io Francesco! È interessante costatare la freschezza di questo scritto (1980) e come il Nostro sia riuscito a narrare la vita del Poverello e allo stesso tempo fare anche una lettura ermeneutica, cioè un’interpretazione alla luce della propria vicenda personale e della vita della Chiesa… A lettura terminata si ha l’impressione di aver letto contemporaneamente un «Io Francesco-Carlo Carretto». Sarebbe bello che ognuno di noi potesse scrivere il suo proprio «Io Francesco-Andrea», «Io Francesco-Nicola», «Io Francesco-Giulia» e via dicendo!

La povertà può essere intesa in molti modi, a cominciare da quella che porta molti a operare una scelta sociale o politica. Ma la povertà evangelica è un’altra cosa: «Il crocifisso di S. Damiano mi aveva rivelato una cosa molto importante che cercai di non dimenticare, anzi che fu la guida costante della mia vita. La povertà non consisteva nell’aiutare i poveri, consisteva nell’essere povero. Aiutare i poveri era cosa fondamentale essendo parte ed espressione della carità, ma essere povero era un’altra cosa». Si tratta di una povertà mistica: «Il vangelo mi insegnava a porre l’accento sul mistero dell’uomo più che sull’impegno dell’uomo». Non si trattava di cercare di cambiare le cose, ma di cambiare i cuori. «Ecco perché ho battuto la mia strada che era la strada del vangelo. Per me la povertà era il segno della liberazione ma la vera, quella dei cuori, era lo strumento e la spinta a tirarmi fuori dallo spirto borghese che è di tutti i tempi e che si chiama egoismo, prepotenza, orgoglio, sensualità, idolatria, schiavitù».

Questi sono alcuni dei passaggi centrali che hanno suscitato la condivisione fraterna in due momenti della giornata scandita al mezzo giorno dalla celebrazione eucaristica. Il mistero della povertà evangelica può essere compreso solo alla luce dell’Incarnazione del Verbo: Dio venuto ad abitare nella carne dell’uomo per redimerlo. In Francesco d’Assisi tale mistero diventa realtà nell’incontro con il lebbroso: «Mi ricordai in quel momento del crocifisso di S. Damiano e mi parvero gli stessi occhi che mi guardassero. Madonna Povertà, che nel lebbroso avevo visto, era la povertà del mondo intero, era la solidarietà con tutto ciò che è piccolo, debole, sofferente; era il punto di riferimento più caro della misericordia di Dio».

Con l’avvento di papa Francesco tutti i temi legati alla povertà sono diventati un’esigenza primaria per la vita della Chiesa. La povertà evangelica intesa come un cammino spirituale sulle orme di Gesù di Nazaret è il punto di partenza per arrivare a considerare le altre povertà. «La tematica della povertà – afferma Gustavo Gutiérrez – e dell’emarginazione ci invita a parlare di giustizia e a tenere presente i doveri del cristiano al riguardo. Così è in verità e questo approccio è senza dubbio fecondo. Ma non bisogna perdere di vista quello che rende l’opzione preferenziale per i poveri una prospettiva tanto centrale. Alla radice di questa opzione c’è la gratuità dell’amore di Dio Questo è il fondamento ultimo della preferenza. Il termine stesso “preferenza” rifiuta ogni esclusività e cerca di evidenziare coloro che devono essere i primi – non gli unici – nella nostra solidarietà».

Vedere questi giovani, nel piccolo ma quanto mai simbolico numero di 12, che si incontrano gratuitamente per pregare, riflettere sul tema della povertà e condividere in trasparenza i loro pensieri e le loro preoccupazioni mi ha fatto ricordare le parole di Dio per mezzo del Profeta: «Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?» (Isaia43,19).

 fratel Oswaldo jc
(pubblicato su http://www.jesuscaritas.it/wordpress/?p=5470)

 

Appena passata la porta che dall’esterno permette di accedere al primo chiostro, il mio cuore si alleggerisce, l’aria entra fresca nei polmoni. Il posto lo conosco, sono passati tre anni dalla prima volta qui alla casa San Girolamo, in questo luogo pensato per essere un “polmone spirituale” per l’Azione Cattolica e non solo, ma la sensazione è quella che si prova in un luogo familiare, bello e in cui si sta bene!

Attraverso il chiostro passando sotto la grande bandiera dell’A.C., raggiungo il luogo dove è sepolto fratel Carlo Carretto e appoggio la mano sulla lastra di pietra fredda. “Quando sarò morto, se venite sulla mia tomba – ha detto – non chiedetemi di pregare per voi onde guarire da questo o quel male. Chiedetemi solo che preghi per la vostra fede. È l’unico dono per cui merita pregare”. Col dito percorro i contorni della croce e del cuore (simbolo scelto da Charles de Foucauld e poi dai Piccoli Fratelli del Vangelo che richiama il Sacro Cuore di Gesù e la Croce, sacrificio scelto da Cristo per amore e non per placare l’ira di Dio) e ricordo con tenerezza due anziani incontrati anni fa, seduti sul muretto vicino alla tomba, venuti a salutare l’amico Carlo, che con lui chiacchieravano come se il tempo non fosse passato.

Nella meditazione di questi giorni ci guida la Parola: “Beati i poveri in spirito perché di essi è il Regno dei cieli”. Per leggerla Oswaldo, un Piccolo Fratello del Vangelo, ci propone l’esperienza di tre uomini spirituali: Francesco d’Assisi, Charles de Foucauld e Carlo Carretto. Ciascuno aveva colto nella povertà l’esperienza liberante di appartenere solo al Signore e l’inscindibile esperienza dell’amore ai fratelli…vuoi nel volto del lebbroso del conosciuto episodio della vita d Francesco, vuoi – come credeva Carretto – nei poveri del nostro tempo ovvero coloro che vivono lontano da Dio.

Il tempo a casa San Girolamo scorre calmo, tra la preghiera, la Parola, il silenzio, il riposo e il lavoro. Anche dedicare un paio d’ore ai lavori (pulire il chiostro, sfalciare l’erba e altro ancora) dà valore al tempo e ti fa sentire a casa.

La sera nell’adorazione eucaristica che ci ha introdotto nella notte abbiamo affidato al Signore le nostre preghiere e tutte le persone che anche solo per alcune ore sono passate dalla Casa: questo aiuta a sentirsi parte di un’esperienza che non è solo “prendere qualcosa” ma che è condividere e che continua nella vita delle persone che lì sono passate e che passeranno.

Ora si torna alla vita di tutti i giorni, per essere testimoni di Cristo, rigenerati nel corpo e nello spirito da questo luogo di pace e gioia.

Emanuela

“Gli uomini hanno vocazioni diverse”: e se nel mio caso la “povertà” fosse da intendere come “semplicità”? Una semplicità diversa dalla superficialità per l’attenzione, il significato, la motivazione verso Dio, gli altri, le cose che faccio. In una parola: ascolto.

“Potete rimproverarmi, e fatelo pure, ma io nel Vangelo vedevo l’andare oltre, l’andare oltre a tutte le creature, a tutte le costruzioni umane, a tutte le civiltà.

Milo

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