Chi ascolta il grido del povero? Studio e approfondimenti a San Girolamo con don Ughi e Gigi Borgiani

In questi giorni a Casa San Girolamo le condizioni di povertà in cui vivono milioni (in Italia e in Europa) e miliardi (nel mondo) di persone sono state al centro delle riflessioni ispirate al tema della Giornata mondiale dei poveri del 2018 “Questo povero grida, il Signore lo ascolta” e guidate da don Ugo Ughi e da Gigi Borgiani. Non si tratta di riferirci solo alla povertà materiale che, quando è estrema sarebbe più corretto definire come “miseria”, ma a tutte quelle situazioni in cui si rileva una “mancanza” di qualcosa. Oltre che materialmente (di casa, di lavoro, di salute, di istruzione…) si può essere poveri di senso, di relazioni, di affetti, di valori, di cultura, di educazione ecc. Tanto è vero che, a ben vedere, sull’esempio di san Francesco e in ascolto della Parola la povertà dovrebbe essere considerata quello stile di vita volontariamente sobrio e distaccato tale da identificare l’essere cristiano.
Le Beatitudini (Mt 5) sono state indicate da don Ugo come la via per crescere in povertà, per aprirci a Dio e agli uomini. La stretta relazione tra la Laudato si’ e gli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile (Agenda 2030) ha permesso di individuare spunti di azione, di gesti che trovano le motivazioni in Genesi 2,15-25 e 3,17-19 che ci richiamano alla nostra responsabilità ad essere chiamati a coltivare e custodire la terra: luogo in cui ognuno di noi può rendere viva la relazione con Dio, con il creato e con gli uomini.
Ma quanto le beatitudini entrano nella nostra vita? siamo capaci di andare controcorrente in una società in cui l’opulenza, il consumo, lo spreco crescono a una velocità spaventosa a danno dei miseri? come decliniamo la povertà evangelica? quali sono i poveri a me più vicini? come sono le mie relazioni con gli altri?
Abbiamo affrontato questa serie di domande concludendo che anche oggi, se ci sforziamo di ricercare risposte, dobbiamo inevitabilmente passare da una vita sempre più comunitaria. L’ideale delle prima comunità presentato in Atti 2, 24-47 resta ancora oggi il modello cui ispirarsi. Condividere pensiero e scelte capaci di creare comunità capaci di ascolto, di accoglienza, di accompagnamento e di apertura tali da essere significative ed attraenti (come sollecita papa Francesco nella Evangelii gaudium) per farci carico delle diverse “povertà” oggi presenti nelle nostre storie.
L’epoca drammatica che stiamo vivendo non ha solo radici nel degrado ambientale, nei cambiamenti climatici, in una economia “inequa” ma anche e soprattutto nel cuore dell’uomo sempre più individualista e idolatra di potere, di consumo, di benessere a tutti i costi. Viviamo un’epoca che appare povera di senso, di valori, di giustizia e di rispetto per “l’altro”, sia esso l’uomo o il creato. Viviamo un epoca di periferie geografiche ma ancor più esistenziali. Le periferie del pensiero unico, dell’informazione spacciata comunque per verità; ci sono poi le periferie del sacro ove tutto è ridotto a una religiosità temporanea e superficiale o addirittura di comodo. Per questo è nostro compito creare le condizioni per nuove comunità cristiane che sappiamo testimoniare “povertà in spirito”, fraternità, relazioni che ogni giorno si accompagnino a quello spirito di missionarietà che ci spinge verso tutti i poveri del mondo che gridano al Signore per avere pane, giustizia, dignità, rispetto, compagnia.
Il Signore certamente risponde al grido ma vuole servirsi delle nostre mani e del nostro cuore in quanto suoi collaboratori per la vita della casa comune.

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