Di famiglia si parla e si scrive tanto. Più si fanno discorsi e più la famiglia sembra in crisi. Abbiamo da poco vissuto il Sinodo sulla famiglia: restano luci e ombre. I numeri dicono che i matrimoni diminuiscono, si accentua il fenomeno delle convivenze, si dibatte sul gender, si parla di “matrimoni diversi”, si aggrava la situazione economica delle famiglie. Ma il dato più preoccupante è, secondo diversi osservatori, quello relativo alle separazioni, ai divorzi, perché nascondono situazioni di grande fragilità che vanno oltre la dimensione della coppia investendo figli, parenti, amici. Sono vere e proprie crisi familiari.
La famiglia diventa per molti sempre più un fatto fine a se stesso, privato, vissuto a piacimento, modellato su criteri soggettivi. Perde, così, il suo ruolo di soggetto, di fondamento della società; in questo modo vengono a indebolirsi gli elementi di partecipazione e condivisione, di cura intrafamiliare e intergenerazionale, il compito educativo e quello di relazione sociale.
Se oggi, pur continuando ad affermare la centralità della famiglia, il suo essere risorsa non solo per la chiesa ma anche per la società, prendiamo atto della diffusione di una mentalità (gonfiata dai media) e di una realtà avversa alla famiglia, una causa potrebbe ricercarsi nel fatto che la “famiglia cristiana” tale non lo è stata abbastanza.
Ci ripetiamo spesso che la “risorsa famiglia” dovrebbe valere sia per la chiesa che per la società. Essa è tale quando è scuola di umanità vera e completa. La famiglia è risorsa quando educa la persona alla sua interezza e alla fede; quando è luogo della condivisione, di relazioni che generano un clima caratterizzato da fiducia e reciprocità, che alimenta l’etica del dono, che spinge al riconoscimento e al rispetto dell’altro, che aiuta a crescere nella consapevolezza di sé e delle proprie capacità orientate all’agire comune e al bene comune. La famiglia è risorsa quando sostiene la difficoltà e la fragilità; quando favorisce e offre solidità e solidarietà intrafamiliare a scanso del rischio di fenomeni di deriva causati dalle disgregazioni.
Indubbiamente la famiglia offre molto, è ricca di una ricchezza che non può non riversarsi sulle persone e sulla comunità; ma se da un lato ci sentiamo sollecitati a un impegno rivolto alla promozione della famiglia, dall’altro non possiamo non continuare a ripeterci che questo è possibile solo a partire da una interiorizzazione dell’essere famiglia cristiana. Se pensiamo a una famiglia che salvi la famiglia, la promuova e non si limiti a difendere qualche principio occorre ripensarla (in gran parte nei termini appena accennati) e occorre soprattutto radicarla continuamente nella dimensione interiore; in quella dimensione che non è certo chiusura ma è spinta all’apertura, alla relazione, all’annuncio.
Il Natale e la immediata Festa della famiglia, attraverso la Parola, ci vengono in aiuto; offrono l’occasione di un ripensarsi, di un riproporsi come soggetto vivo nella Chiesa e nella società. Un ripensare che parte da una conversione, da un cambiamento quotidiano. Forse appare ancora lontano quell’orizzonte davvero innovativo che Carlo Carretto aveva creato con le sue provocazioni in Famiglia piccola chiesa. Ma un po’ di strada è stata fatta; c’è stato un Concilio cha ha affidato alla famiglia il compito di essere “chiesa domestica”, ci sono decine di documenti di Papi e vescovi che incitano le famiglie a farsi protagoniste.
Abbiamo di fronte un Anno santo che non vogliamo passi alla storia come uno dei tanti eventi religiosi ma che sia davvero una globale opera di misericordia, capace di formare una sola famiglia umana.
Il ricordo di Carretto, né prete né sposo ma convinto sostenitore di una famiglia fondata sul Vangelo può essere vissuto come l’aiuto di un fratello che ha speso la sua vita per il Vangelo e che ci dice che ora tocca a noi.