Pasqua ebraica a Spello/1: festa e famiglia, respiro e dono

«In ogni singola generazione ogni persona è tenuta a considerarsi come uscita essa stessa dall’Egitto» (Talmud babilonese, 525). Questo è il senso profondFoto di famigliao della “Pasqua ebraica”. Il popolo di Israele la celebra da millenni, per ringraziare Dio della liberazione dalla schiavitù. Anche molte comunità cristiane, oggi, ripercorrono lo stesso rito nel periodo pasquale facendo memoria della “cena di Gesù”. Lo stesso ha voluto fare la Presidenza nazionale di Ac a Spello.
La Pasqua ebraica è un momento di festa, che si svolge nel contesto della famiglia.

Festa e famiglia che abbiamo vissuto insieme a Spello (qui alcune immagini del fine settimana spirituale del 18-20 marzo). Festa nel preparare la cena (ogni commensale/membro di presidenza aveva il compito di procurare un cibo, una bevanda,20160319_194146 un accessorio utile); festa nello stare insieme intorno alla tavola, come a ogni banchetto; festa nel cantare e raccontarci storie di vita. Vita di una “famiglia” atipica che si ritrova a Roma quasi tutte le settimane, per un servizio a tempo determinato che chiede tanto ma che dona sempre, infinitamente di più («In verità vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del Vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e ma20160320_105429dri e figli» – Marco 10, 29-30).
E poi, il week-end delle Palme è stata occasione per prendere il respiro e per riflettere sul senso del dono di Gesù.
Respiro è prendere fiato da un’agenda fitta d’impegni. Respiro è immergersi nel polmone spirituale dell’Azione cattolica, il monastero di San Girolamo. Spello è un luogo dell’anima che per anni ha ospitato Carlo Carretto: ora ne accoglie il riposo, e ogni giorno è meta di decine di pellegrini legati alla figura di fratel Carlo. Spello è un pozzo, a cui accostarsi per rallentare il proprio passo, e affiancarlo a quello sicuro di Gesù.
Dono è riflettere, celebrando la “cena pasquale di Gesù”, sull’atto supremo e gratuito di Cristo. Dono è il gesto del Figlio di Dio che – mentre spezza il pane coi suoi discepoli – capisce di essere chiamato aMessa in Cappella 2 diventare come l’agnello, gustato nella cena della liberazione dalla schiavitù. A Spello abbiamo riflettuto sul dono di Cristo all’umanità, nei giorni che preced
ono il ricordo della sua passione e morte. E facendo memoria del più grande dei doni, ci siamo sentiti dono gli
uni per gli altri. Una volta di più abbiamo condiviso la scelta di essere dono, piccolo e insignificante, per la Chiesa; di essere dono per le nostre comunità, per tutti i fratelli e infine, come membri di Presidenza, di essere dono l’uno per l’altro.

Gioele Anni

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