Weekend di arte, lectio e catechesi per adulti: “Toccare le ferite e sognare un’umanità fraterna”


“Se la Chiesa deve trasformare, migliorare, umanizzare il mondo, come può far ciò e rinunciare nel contempo alla bellezza, che è tutt’uno con l’amore ed è con esso la vera consolazione?”. “La bellezza ferisce, ma proprio così essa richiama l’uomo al suo Destino ultimo […]. La bellezza è conoscenza […], colpisce l’uomo con tutta la grandezza della verità”. Queste due riflessioni di Joseph Ratzinger in tempi molto diversi e lontani tra loro, hanno introdotto la tre giorni (27-29 agosto), organizzata dal Settore Adulti, sul tema del “Toccare le ferite e sognare un’umanità fraterna”.

La Grazia, la luce, la potenza che abitano il buio hanno una loro forza e una loro bellezza per questo per aiutare l’esplorazione delle ferite si è scelto di accostare l’ascolto sapienziale della Parola a uno sguardo aperto alla bellezza dell’arte. Attraverso un costante rimando tra Sacra Scrittura e dipinti, sculture, istallazioni di epoche, autori e stili molto diversi tra loro, i partecipanti al weekend a Casa San Girolamo hanno fatto esperienza di rilettura delle proprie ferite e delle tante ferite sociali, economiche, climatiche, politiche che lacerano il nostro mondo e con le quali dobbiamo confrontarci e sulle quali siamo chiamati a interrogarci.
S. Paolo e Abramo sono state le due figure di riferimento in questo lavoro, scomodo e impegnativo, di scavo personale, comunitario e associativo per scoprire come anche nelle ferite, o forse soprattutto in esse, è depositata una vocazione. Tre sono stati gli step che hanno ritmato la proposta formativa: un male che va integrato, perché ciò che non integriamo, capiamo, riconosciamo, ci disintegra; un male che può essere accompagnato dalla solidarietà, l’empatia, la fraternità degli altri, perché in fondo come diceva Madeleine Delbrêl “il male è assenza di bene” e quindi dovremmo “essere coscienti del fatto che è difficile strappare la zizzania senza strappare il buon grano” e “cercare di mettere in ogni persona sempre più buon grano senza occuparsi della zizzania. Rispettare ciascuno: non sporcare il suo ideale a causa delle sue disillusioni o dei suoi rancori. Non combattere il male ma seminare un po’ di vita”; un male che ti spoglia ma nel quale si rivela la chiamata di Dio a una fede adulta che mostra all’uomo che nulla può fare da solo ma tutto per Grazia.

Giorni intensi nei quali il silenzio di Casa San Girolamo, l’accoglienza familiare dei volontari, lo stile associativo e la bellezza del luogo oltre che delle tante opere osservate, hanno creato quel clima di familiarità che ha reso perfetti sconosciuti persone con cui condividere frammenti della propria storia e delle proprie ferite e fragilità. Il weekend è iniziato con una passeggiata artistica per le vie di Spello alla ricerca della bellezza anche dove può sembrare che non ci sia. A ciascuno è stato fatto dono di un taccuino nel quale annotare immagini, pensieri e fermare sensazioni, a partire dalla visita alla Cappella Baglioni in Santa Maria Maggiore, detta anche Cappella bella, dipinta dal Pinturicchio. Un luogo che abbaglia per la bellezza dei suoi colori, la finezza dei dettagli, l’attenzione al dato reale, la ricchezza di significati simbolici, l’accuratezza del paesaggio e che, attraverso di essi, aiuta a ricordarci che siamo impastati di fango e di cielo, trapunti di stelle e di sogni, ma capaci di ogni bassezza. Dio ama ciò che è meno adatto ed è lungo, nella Scrittura, l’elenco degli inadatti amati e chiamati. Questa bella notizia ha permesso di aprirsi all’altro senza maschere, senza paura di giudizi e di mettersi in gioco fino a realizzare un proprio particolare ‘attacco d’arte’.

Nella serata di sabato, infatti, è stato proposto a ciascun partecipante di fare una scultura di pongo con la quale rappresentare una propria ferita o un momento di solidarietà ricevuto o donato in una particolare difficoltà. I coloratissimi manufatti sono stati lo spunto per un intenso momento di condivisione perché quando disegniamo, dipingiamo o utilizziamo una qualsiasi forma d’arte, raccontiamo qualcosa dei nostri desideri, di ciò che sogniamo, che abbiamo vissuto, delle nostre paure e delle nostre fragilità, che diversamente non saremmo stati in grado di esprimere.

Dopo un anno di chiusura Casa San Girolamo ha finalmente sentito il batocchio della campana richiamare tutti ai momenti comunitari, ha visto tornare persone ad abitare le sue stanze, far risuonare la preghiera e il canto nel suo chiostro e sulla tomba di Carlo Carretto, inondare del buon profumo della cucina tutti gli ambienti. Dopo i giovani, anche gli adulti sono tornati in questo polmone spirituale per abbeverarsi al pozzo che canta nel deserto, come quello del Piccolo Principe, perché pur nell’aridità che a volte copre con un fine mantello di sabbia e di desolazione le nostre ferite e quelle degli altri, c’è sempre un pozzo, una parola, una mano, una voce che ci ricorda che nessuna vita è troppo fragile o troppo ferita per essere sanata, amata e cantata.

Veronica Rossi

Share Button