Anche quest’anno un gruppo di ferraresi è partito alla volta di Spello per gustarsi un week-end a contatto con la Parola di Dio, immersi nel silenzio ma con l’opportunità di condividere, anche attraverso il dialogo, un prezioso tratto di strada con persone provenienti dalle diocesi più disparate: un’opportunità che l’Ac ha creato attraverso questo luogo, che va assolutamente conservato e potenziato.
In tutto una ventina di persone, ognuna con la propria storia, tutte accomunate dal desiderio di sostare con il Signore Gesù, per rigenerarsi, ritrovarsi, ripartire. “Primo Pietro: il più fragile”. Il week-end si snodava sulle tracce del primo degli apostoli, un cammino che porta Pietro dal desiderio di affermazione di sé all’amarezza del fallimento, che passa per la potenza dello sguardo misericordioso di Gesù, che accetta di morire anche per lui, suo caro amico. Uno sguardo, quello del Maestro, che lo fa capitolare: Pietro arriva finalmente, in riva al lago davanti al Signore risorto, a consegnarsi liberamente, ad accettare il perdono, a lasciare indietro il passato e la sconfitta, spogliandosi di tutto ciò che prima gli impediva la sequela.
Una vita nuova lo attende, la vita purificata del discepolo che ha imparato perché è caduto e ha avuto il coraggio di afferrare la mano del Signore che, da sapiente educatore, lo ha lasciato cadere. Ognuno di noi si è riletto in questa storia: ognuno di noi è Pietro, fragile e per questo capace di convertirsi all’amore smisurato e seducente di Dio. A confronto con i passi dell’apostolo ogni storia si è misurata e condivisa all’interno di quello stile di approfondimento spirituale tanto caro al settore adulti dell’Azione cattolica: la narrazione alla luce della Parola.
Riconoscere se stessi e le proprie esperienze nelle vicende raccontante dalla Bibbia: è facile allora emozionarsi, avvertire forte l’esigenza di conversione ma anche condividere, fraternizzare, concretizzare vie per valorizzare questa esperienza nel vissuto laicale. Tutto questo grazie alla sapiente guida di don Emilio, che ci ha ricordato, durante i suoi splendidi contributi alla meditazione: “Ogni intuizione preziosa, che ci cambia, richiede tribolazione!”. Accettare tale tribolazione significa mettersi, al fianco di Pietro, sulla via del Maestro.
Archivi autore: gianni
Con Lazzaro, Gesù ci dice: vieni fuori, vivi in pienezza!
Il vangelo di domenica 2 aprile, V di quaresima, ci mostra innanzitutto l’umanità di Gesù. Di fronte alla morte di Lazzaro, Gesù piange e questo ci dice che il Figlio di Dio è uomo, è come noi, è in mezzo a noi. Questa compagnia ci consola; la fragilità che spesso ci coglie nei momenti difficili, nelle prove della vita, nostre e delle persone care, non è debolezza, emozione ma diventa compassione e si trasforma, ci trasforma perché comprendiamo che la partita della vita non ha tempo. Occasione anche oggi per riflettere su che senso diamo alla vita. È il punto centrale dell’esistenza umana di ciascuno, per ogni aspetto dell’esistenza, quella che viviamo provvisoriamente su questa terra e quella eterna dopo la morte. Continua a leggere
Cieco e senza nome? Occorre cambiare occhi e lenti
Assenza di luce e anonimato. Sappiamo bene che la parabola del cieco nato richiama non tanto la possibilità di vedere, di osservare, quanto la capacità di poter “riconoscere”, di guardare “dentro” e ciò che ci sta intorno, le persone, le bellezze della natura. La luce di cui abbiamo bisogno è quella dell’interiorità. Quella che suggerisce il bisogno di andare al cuore dell’esistenza e di vivere il cuore dell’esistenza e che permette di avere sguardo attento verso se stessi e verso l’altro. La nostra cecità non è dalla nascita. Più o meno consapevolmente abbiamo imparato a mettere occhiali da sole anche quando piove, ovvero i nostri occhi sono coperti di superficialità, di egoismo, di cose superflue che inquinano la vista e il cuore. Continua a leggere
24/26 marzo: con don Emilio week-end “Pietro, prima pietra, il più fragile”
Avvincente, paradossale, sorprendente la storia di Pietro. In questi giorni riviviamo a Casa San Girolamo la nostra vita alla luce della sua storia accanto a Gesù.È facile identificarsi con lui: quanta umanità nel primo e più fragile degli apostoli. E il nostro desidero non può che essere quello di essere guardati anche noi come Gesù lo guarda. Uno sguardo di infinita misericordia che lo rimette in piedi dopo la più grande caduta: “E, uscito fuori, pianse amaramente” (Lc 22,61).
don Emilio Centomo
Sui passi di Elia, presso il pozzo di Sicar. Riflessioni a margine del weekend quaresimale di Spello
“Dammi da bere”. Lo chiedo a te donna che per i figli del mio popolo sei straniera e pagana, proprio come la vedova di Sarepta di Sidone che nutrì il profeta Elia.
Lo chiedo a te donna che per i tuoi concittadini sei l’adultera che ha avuto cinque mariti e ancora mendica amore.
Ma per me sei donna… Non lo dico con disprezzo, sia chiaro, come la maggior parte dei miei conterranei, perché questo è il titolo che ho dato a mia madre Maria.
Donna, per me, è profumo di fiore di campo, è il sorriso della luna che si affaccia nel cielo dopo il tramonto. Per me donna è tenerezza e dignità.
Ed è per questo che dalle tue mani voglio bere, per farti venire sete. Sì, donna, perché quest’acqua è l’amore, più lo doni e più ne avverti la necessità.
Ti imploro di darmene! Ti supplico! Sono un mendicante anch’io… Un Dio mendicante, perché ormai svuotato della divinità per farmi prossimo agli uomini.
Allora ho pensato che questo pozzo, proprio questo davanti al quale siamo seduti, possa essere quella sorgente a cui tutti gli uomini assetati possano, ieri, oggi e domani, venire a bere. E chi ha sete d’amore, infatti, ha sete di Dio! E qui c’è Dio!
Se tu non lo vedi, o donna, ti dico “sono io che parlo con te”. Sono io che ti parlo nel fiore del campo e negli uccelli del cielo, ti parlo nel fratello e nella sorella che attraversano la tua vita. Sono io che dovrai imparare a riconoscere nel “soffio di una brezza leggera” come Elia sull’Oreb. Sono io che cerchi e afferri, e dopo che avrai afferrato sarò fuggito.
Proprio come fuggi tu, quando hai paura, o quando ti abbatti dopo un fallimento. Proprio come fuggi tu nel giardino dell’Eden quando sbagli e ti accorgi di essere nudo.
“Dammi da bere”, perché solo se berremo insieme, possiamo camminare insieme.
don Michele Pace