Cosa sono gli atteggiamenti spirituali del “primato della vita”? Non sono degli impegni morali. Sono delle esperienze, dei doni ricevuti che ci ritroviamo dentro e ne sperimentiamo la bellezza e la verità. Sono certo anche impegni che diventano abitudini (nel senso di habitus). Chiedono di essere mantenuti vivi nel tempo, chiedono di essere alimentati e coltivati. Hanno anche insita in loro l’esigenza di essere condivisi con i fratelli e le sorelle: solo allora diventano scelte di vita ed anche disciplina personale e comunitaria.
- Il primo atteggiamento spirituale del “primato della vita” è lo stare nella realtà, il rimanere sui fatti, senza aver fretta di interpretare. Senza cadere nelle trappole
di tutti gli “ismi” che ci consentono di difenderci dalla durezza della vita: idealismi, intellettualismi, spiritualismi. La fede non è un innanzitutto un innalzamento, ma è una discesa, una Kenosi, nella nostra umanità ferita dal peccato eppure abitata da Dio. La realtà, sempre parziale, è un’ottima maestra, ci consente di riconoscerci creature, figli del Padre. Perciò è una base buona per costruire. La santità, per l’Ac è sempre a misura della nostra umanità. “La realtà è più importante dell’idea”. - Il secondo atteggiamento del primato della vita (tema sul quale, come Ac, stiamo riflettendo anche mediante una specifica rubrica sulla rivista Segno) è, paradossalmente, lo spirito contemplativo: l’affinata attitudine a guardare ai fatti nel loro spessore, nel loro significato recondito, e riconoscere la presenza del Signore che è all’opera: “Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te” (Lc 1,28). Lo sguardo contemplativo avvia il discernimento, dove la vita, alla luce della Parola, è luogo teologico. Perciò ci alleniamo di giorno in giorno a riconoscere nella nostra vita quotidiana le orme del passaggio del Risorto: il Taccuino diventa strumento prezioso.
- Il terzo atteggiamento spirituale del primato della vita è il senso di gratitudine. È la lode che sgorga dal cuore quando vediamo quanto il Signore ha fatto nella nostra vita, quanti doni, quanta misericordia: “L’anima mia magnifica il Signore” (Lc 1,46). “Tutto nasce dallo spirito di gratitudine. L’allegria degli uomini e delle donne che amano Dio attrae altri ad essi. La gioia che sgorga dal cuore grato, il cuore di chi può dire: abbiamo ricevuto davvero molto, tante grazie, tante benedizioni e ce ne rallegriamo” (papa Francesco negli Stati Uniti).
- Il quarto atteggiamento spirituale del primato della vita è il senso di laboriosità: è la motivazione a un lavoro diuturno per il Regno di Dio che deriva dalla gratitudine che abita il cuore. Muove i passi dei discepoli di Emmaus per tornare a Gerusalemme, muove i passi di Maria per visitare Elisabetta. Non è fatica che pesa solo sulle nostre spalle, ma è come annaffiare un fiore che sta già per fiorire; è svelare un Dio già presente. “Lo spirito di laboriosità: un cuore grato è spontaneamente sospinto a servire il Signore e intraprendere uno stile di vita operoso” (ancora papa Francesco negli Stati Uniti).
- Il quinto atteggiamento spirituale è la visita all’altro, chiedere ospitalità all’altro. Come Maria da Elisabetta, come Filippo sul carro del funzionario etiope. Essere ospitati è l’esperienza di entrare in punta di piedi, con rispetto, nella vita dell’altro. La vita dell’altro è terra sacra. E so che, mentre annuncio il vangelo, sono evangelizzato. Così comprendo meglio me stesso mentre ascolto i racconti dell’altro. Come Maria che si rende consapevole della sua maternità ascoltando Elisabetta. Noi evangelizzatori siamo sempre, ogni giorno, bisognosi di ricevere il vangelo.
- Il sesto atteggiamento spirituale del primato della vita è la gioia. Essa nasce dallo stupore e dalla meraviglia nel vedere ciò che Dio ha fatto nella propria vita e nelle persone intorno. In noi piccoli e peccatori. Una gioia che suscita la preghiera di lode: “Ti rendo lode o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli” (Lc 10,21).
- Il settimo atteggiamento spirituale è la relazione con Dio come presenza – assenza. La fede non è una evidenza e una certezza. Non ce la sentiamo di interpretare immediatamente i fatti come volontà di Dio. Condividiamo i dubbi e la continua ricerca di tanti che non sono giunti alla fede. Dentro di noi c’è il credente e c’è il non credente. Anzi è Dio stesso che si rende presente e poi si fa assente: per permettere la nostra crescita come esseri liberi e autonomi (Lc 24,31; At 8,39).
- L’ottavo atteggiamento spirituale del primato della vita è uscire dalle nostre sicurezze e abituali verità, rischiare, cambiare linguaggio e andare fuori di ogni steccato. Si tratta di dislocarsi là dove si trova il Risorto: “Non è qui, vi precede in Galilea, là lo vedrete” (Mc 16,7). Il risorto è sempre fuori, sempre più avanti. Si tratta di togliere dal vocabolario e dalla vita il “si è sempre fatto così” e provare cose nuove, fiduciosi in colui che ci ha inviato.
- Il nono atteggiamento spirituale è ritornare a raccontare e ascoltare i racconti. Se la storia è luogo teologico, se è abitata da Dio, allora la nostra vita è il quinto evangelo, la vita dei fratelli e delle sorelle è storia sacra, quasi un terzo testamento. Ascoltare i racconti, allora, è ricevere sempre nuovamente il vangelo dalla vita degli altri. Noi, poi, intrecciamo i racconti di vita con i racconti della storia della salvezza, perché anche la nostra piccola storia diventi storia di salvezza.
- Il decimo atteggiamento spirituale del primato della vita è l’ascolto della Scrittura come una storia che parla della mia storia, parla di me: “Sul rotolo del libro di me è scritto” (Sal 39,8). Nella Scrittura si intrecciano almeno tre storie: quella del testo, quella di Cristo cui ogni scrittura converge e la mia storia. Mettiamo un testo di Isaia sul Servo di Jahwè: è figura di Cristo che offre la sua vita, ma il servo sofferente sono anch’io nel mio dolore. Quando sento che la Parola parla di me allora succede come ai discepoli di Emmaus: “Non ci ardeva forse il cuore in petto quando ci spiegava le scritture?” (Lc 24,32).
Emilio Centomo