«Dovrei dirvi qualcosa su Carlo Carretto, sul suo essere uomo di misericordia. Carlo era persona buona, di bontà. Madre natura, di certo, l’aveva favorito in questo donandogli la capacità di comunicare con il gesto e la parola; ma ciò era anche frutto di un lavorio interiore, spirituale» (Giancarlo Sibilia, JC)
Chi meglio di un piccolo fratello del Vangelo, vissuto per più di 20 anni a fianco di fratel Carlo Carretto, può narrarne il vissuto e destare in chi ascolta interesse e stupore? Nel pomeriggio del 28 giugno, fratel Giancarlo Sibilia, con la sua testimonianza, ha saputo conquistare i partecipanti alla 66ma Settimana nazionale di aggiornamento pastorale (evento organizzato dal Centro di orientamento pastorale a Foligno, dal 27 al 30 giugno, per promuovere lo stile della sinodalità) accolti dalla fraternità di Casa San Girolamo in Spello per un momento di «spiritualità, cultura e condivisione, anche gastronomica». Quella di fratel Giancarlo è stata una narrazione che ha dato sostanziale concretezza alle parole misericordia e sinodalità, rilevanti per i lavori della Settimana, dal tema «Riconciliarsi nella comunità – Eucarsi alla misericordia, al dono, all’impegno».
Fratel Giancarlo ha mostrato come «Carlo Carretto fosse uomo di accoglienza, in piena sintonia con il carisma della congregazione religiosa dei Piccoli Fratelli del Vangelo: accoglieva, cioè, il Signore nella preghiera per essere sempre più capace di accogliere tutti, a cominciare dagli ultimi.
L’accoglienza, infatti, è un atto difficile che s’impara ai piedi del Signore: dal contatto con il Signore scaturisce la bontà. Così fu per fratel Carlo: a qualsiasi ora, chiunque entrava in questa casa trovava accoglienza, un pasto, un letto, un colloquio, un’attenzione al suo bisogno. Un apostolato della bontà “alla Charles de Foucauld”, tutto teso a manifestare la misericordia di Dio. A ragione, quindi, Carlo, a chi lo cercava, era solito indicare la cappella come tappa fondamentale. Tutto scaturiva dalla preghiera. Tutto portava alla preghiera: ogni tasto toccato lo portava a indicarla, al punto che in comunità fu definito il jukebox della preghiera».
Dalla testimonianza di Sibilia è emerso come, in modo particolare nella vita fraterna – in forza della convivialità eucaristica – Carretto fosse educatore all’unità. «Fratel Carlo invitava a guardare l’altro cercando il suo “lato buono”, e a “fare calamita” con esso. Questo sarebbe divenuto motivo di gratitudine a Dio e all’uomo, perché “ci sono stati cambiati gli occhiali da vista”, perché “la carta vetrata è divenuta panno dolce”. Egli praticava in prima persona l’esercizio di questo “grazie”».
Le parole di fratel Giancarlo hanno dipinto Carretto anche come uomo di profezia. Profezia di quella Chiesa della tenerezza, dal volto di madre, che papa Francesco, oggi, auspica in modo palese.
In una Chiesa chiamata dal Vaticano II a camminare a fianco degli uomini usando la medicina della misericordia e non le armi del rigore, Carlo era uomo attento al pluralismo culturale ed etico del tempo, in ascolto delle differenze. «Rispettava chi non aveva fede: lo espresse molto efficacemente in quella lettera pubblicata sul quotidiano La Stampa nella primavera del 1974, in occasione del referendum sul divorzio, dove scriveva: “È in gioco l’unità indissolubile del matrimonio o il rispetto per chi non ha la fede? Io in coscienza non ho dubbi in proposito. Nessuno di noi cristiani può mettere in dubbio le parole stesse di Gesù ‘Non divida l’uomo ciò che Dio ha unito’, ma queste parole non possono essere usate con una legge civile verso coloro che non credono alla risurrezione di Cristo e che appartengono ad una società laica”. La lettera scandalizzò la militanza cristiana: le offese che fratel Carlo ricevette non furono poche».
Carretto era uomo di opinione che amava la Chiesa: ne auspicava un’immagine sempre più evangelica. Sibilia ha raccontato di aver visto Carlo piangere per essa mentre ne dichiarava l’amore: «Opinione e amore per la Chiesa che s’intrecciano anche nel testamento spirituale di Carretto: “Quanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo! Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto a te devo!».
Volendo raccordare la testimonianza di fratel Giancarlo Sibilia con il percorso della 66ma Settimana nazionale di aggiornamento pastorale, si può dire che accoglienza, unità, profezia, attenzione al pluralismo culturale ed etico, espressione e ascolto di opinioni, sono tutti frutti di una riconciliazione con tre dimensioni: semplicità, umiltà, libertà. Carretto, di certo, le aveva fatte sue. Con queste tre dimensioni, che la liturgia utilizza nel definire la figura di Francesco d’Assisi, la Chiesa del «dopo Firenze 2015» è chiamata a riconciliarsi (G. Sigismondi, vescovo di Foligno: videomessaggio sulla 66a Settimana nazionale di aggiornamento pastorale).
Non a caso, quindi, la Settimana di aggiornamento pastorale è stata collocata nella terra umbra. Non a caso il «pomeriggio di spiritualità e cultura» ha considerato due tappe: la prima, Assisi, con la visita guidata al ciclo pittorico della basilica di San Francesco, seguita da una preghiera sulla tomba del santo; la seconda, a Spello, per ricordare il piccolo fratello del Vangelo Carlo Carretto e pregare sulla sua tomba.
Fortunato Ammendolia